Lo stress termico nelle bovine da latte impatta in maniera preponderante in questi periodi di gran caldo.
Fisiologicamente però gli animali hanno due modi per adeguarsi ai picchi di calore.
Per affrontare le ondate di calore le vacche da latte possono regolare naturalmente la loro temperatura in due modi:
No, una più accurata conoscenza delle ragioni biologiche per cui lo stress riduce le performance produttive ci permetterà di avere una idea più precisa su come alleviarlo.
Come dimostrato da studi di Rhoads et al., 2009, Wheelock et al., 2010 e Baumgard et al., 2012 durante lo stress termico nelle bovine da latte, le vacche perdono molto più latte (circa il 45%) rispetto a vacche non in stress termico ma sottoalimentate, con gli stessi kg di sostanza secca (circa il 19%). Di conseguenza la minore ingestione di ss è solo una parte, circa il 50%, delle cause di meno produzione di latte.
Di conseguenza la minore ingestione di ss è solo una parte, circa il 50%, delle cause di meno produzione di latte.
Il restante 50% è attribuibile ai cambiamenti metabolici che lo stress da caldo induce nell’animale: Nonostante il bilancio energetico negativo e la perdita di peso il tessuto adiposo non viene lipomobilizzato (a differenza di quello che può succedere in transizione e al parto).
Infatti, severi stati di stress termico nelle bovine da latte inducono straordinari cambiamenti sia sulla ripartizione dei principi nutritivi (destinati non più alla produzione di latte, ma alla difesa contro il caldo) sia endocrini, con aumenti significativi di epinefrina, norepinefrina ma soprattutto di cortisolo.
Il livello di cortisolo, nei periodi di stress termico sarà 10 volte superiore al normale, con una serie importante di problematiche, anche a livello sanitario:
Come già detto, nonostante stress termico nelle bovine da latte implichi un significativo calo del consumo di SS e perdita di peso non influenza la mobilizzazione dei tessuti adiposi.
La inusuale carenza di NEFA nelle vacche da latte sotto stress da caldo viene in parte spiegata dagli elevati livelli di insulina circolante essendo l’insulina un potente ormone anti-lipolitico.
Come possiamo vedere dalla figura 1 in condizioni di sotto alimentazione ma non di stress da caldo c’è una normale produzione di acido propionico nel rumine, che arriva al fegato e viene trasformato in glucosio, che a sua volta va nel pancreas stimolando una moderata produzione di insulina;
molto glucosio è indirizzato invece alla ghiandola mammaria per la produzione di latte.
Si ha, inoltre, la normale mobilizzazione del tessuto adiposo con la liberazione di NEFA destinati sia a ritornare al fegato per la produzione di glucosio, sia per aumentare il tenore di grasso nel latte sia dare energia al tessuto muscolare.
In una situazione di stress termico nelle bovine da latte (figura 2), invece, cala l’attiva ruminale con una produzione limitata di acido propionico e di conseguenza meno glucosio prodotto dal fegato.
Parte di questo glucosio va al pancreas e parte va al muscolo e non più alla mammella (ecco la grande differenza, produttiva!);
inoltre la grande produzione di insulina inibisce la lipomobilizzazione dei grassi, con conseguente calo anche del grasso in mammella (e nel latte) e raggiungendo i muscoli promuove la mobilizzazione dei amminoacidi “glucogenetici” che aumentano i livelli di urea circolante.
1. Elevati livelli di insulina
2. Diminuzione dei livelli di NEFA
3. Glucosio indirizzato al muscolo
Di conseguenza gli animali hanno bisogno di più energia, specialmente di GLUCOSIO.
Un’integrazione di zuccheri esosi come saccarosio, destrosio, fruttosio, o glicerolo (anche se è un alcol) diventa un valido aiuto in questo delicato periodo dell’anno per affrontare lo stress termico nelle bovine da latte
Gli zuccheri contenuti nei fieni non sono sempre sufficienti, perché si tratta di pentosi, scarsamente digeribili (non più del 50%).
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