La fase di transizione nella vacca da latte

Stress Ossidativo
Stress ossidativo e conseguente cascata infiammatoria
Febbraio 8, 2024
nutrizione vacche fresche
Nutrizione vacche fresche
Febbraio 28, 2024
Stress Ossidativo
Stress ossidativo e conseguente cascata infiammatoria
Febbraio 8, 2024
nutrizione vacche fresche
Nutrizione vacche fresche
Febbraio 28, 2024

Quando la prevenzione paga

 

Ormai è risaputo che la dieta a DCAD negativo, se ben formulata e gestita, è ancora la soluzione migliore per contrastare i fenomeni di ipocalcemia.

Infatti come afferma Jesse Goff (professore emerito e coordinatore del corso di medicina veterinaria dell’Università dell’Iowa), il trattamento di una vacca con calcio intravenoso è diventato un evento sempre più raro nei moderni allevamenti di vacche da latte, però questa dismetabolia è ancora un grosso problema, infatti il 50% delle vacche multipare sviluppa ipocalcemia subclinica e quasi il 3% sempre delle vacche pluripare richiede un trattamento per febbre da latte, questo ha quindi un impatto che non va sottovalutato sui profitti dell’allevamento.

In questo articolo andremo a riprendere alcuni studi del Professor Goff, approfondendo come una dieta a DCAD parzialmente negativo sia uno degli aspetti chiave per raggiungere performance elevate, preservando la sanità della mandria.

Il giorno prima del parto una vacca ha bisogno di circa 20 grammi di calcio alimentare per il mantenimento e lo sviluppo fetale, mentre il giorno del parto la stessa vacca necessita di circa 52 grammi del macro-elemento.

Servono, infatti, altri 32 grammi di calcio per produrre colostro ed evitare l’ipocalcemia. Il sistema endocrino delle vacche, basato sull’ormone paratiroideo (PTH), segnala al corpo di ripristinare l’omeostasi del calcio, di conseguenza, i reni smettono di espellere calcio nelle urine, la vitamina D viene attivata e migliora l’assorbimento di quello contenuto nella dieta e le ossa rilasciano calcio nel flusso sanguigno.

Nelle bovine alimentate con una dieta alcalina, il pH del sangue, e di conseguenza quello delle urine, è elevato (pH urina > 7,50), questo significa che i tessuti ossei e renali sono meno sensibili al PTH e molte bovine non riescono a mobilitare i 32 grammi aggiuntivi di calcio necessari e sviluppano ipocalcemia.

Invece quando le vacche vengono alimentate con una dieta acidogena, entrano in uno stato di lieve acidosi metabolica (acidosi metabolica compensata) che aumenta la reattività dei tessuti ai segnali di PTH. Ecco perché le vacche acidificate possono mettere immediatamente nel circolo sanguigno più calcio dalle loro ossa rispetto a quelle non acidificate; inoltre, accelera anche l’assorbimento del calcio alimentare.

Le vacche adeguatamente acidificate generalmente mobilizzano il calcio necessario per soddisfare l’aumento di 32 grammi, imposto dal colostro e dalla produzione di latte il giorno dopo il parto. Il livello di DCAD della razione, determina il pH del sangue che si riflette sul pH delle urine. La ricerca ha dimostrato che il pH ottimale dell’urina è compreso tra 6,0 e 6,8 –

Il mio livello ideale è compreso tra 6,2 e 6,3”, afferma Goff. Questo deve essere il valore medio del gruppo esaminato, caratterizzato inoltre da una bassa deviazione standard. Questo indica che non ci sono fenomeni di selezione o competizione alimentare. L’assunzione di sostanza secca varia all’interno di un gruppo di bovine e basta una differenza anche di solo 1 kg per alterare il pH delle urine. Con un pH medio delle urine di gruppo compreso tra 6,2 e 6,3 tutte le vacche sono in uno stato di acidosi metabolica compensata.

Invece se si punta a un valore compreso tra 5,5 a a 6,0, alcune vacche potrebbero essere eccessivamente acidificate, mostrando un calo nell’ingestione (perché mangiare meno in una dieta estremamente acidificata, è l’unico modo in cui le bovine possono evitare di andare in sovra-acidificazione).

Da tutta la ricerca e dall’esperienza in azienda fino ad ora, “Non vedo alcun vantaggio nel portare il pH delle urine a valori inferiori a 6,0”, sottolinea Goff. “Non voglio correre il rischio di acidificarle eccessivamente e di conseguenza farle smettere di mangiare”.

 

 

 

Il Calcio

La quantità di calcio alimentare somministrata influisce anche sul pH delle urine, essendo un catione e di conseguenza alcalino. Se si utilizza una dieta a DCAD negativo per produrre una lieve acidosi metabolica e allo stesso tempo somministriamo alti livelli di calcio alimentare sotto forma di calcio carbonato (superiori all’1% della sostanza secca, in razione), quel calcio extra agisce da antagonista nei confronti degli anioni.

Quando si cerca un pH urinario inferiore a 6,0, alimentare con alti livelli di calcio nella dieta può proteggere le bovine da un’eccessiva acidificazione. Tuttavia, significa anche che si sta spendendo di più per somministrare il calcio extra di cui però le vacche non hanno bisogno, e pagando di più per gli anioni aggiuntivi necessari per raggiungere il pH delle urine desiderato, afferma Goff. Questa non può essere la strategia da preferire. La ricerca attualmente raccomanda un intervallo di calcio alimentare compreso tra lo 0,7 e l’1,0% della sostanza secca.

Nelle diete che il prof. Goff formula, mantiene il livello di calcio nell’estremità inferiore dell’intervallo, con un pH delle urine compreso tra 6,2 e 6,4. “Mi sorprendo ancora quando visito un allevamento che non mette in atto delle misure per il controllo e la prevenzione  dell’ipocalcemia”, afferma Goff.

“Si somministrano soluzioni a base di calcio, per via endovenosa alle vacche contro la febbre da latte, ma non ci sono misure di controllo comprovate per prevenire l’ipocalcemia, come: una dieta a DCAD negativo, lo spazio adeguato in modo che tutte le vacche possano mangiare contemporaneamente, un buon comfort e un’eccellente gestione delle vacche“.

LA FASE DI TRANSIZIONE NELLA VACCA DA LATTE: Quando la prevenzione paga

Quanto mi costa una razione anionica e qual è il suo ritorno economico?

Quando si dispone di un buon protocollo di gestione della transizione nella vacca da latte che include una dieta DCAD negativa, sono soldi ben spesi.

Il ritorno dell’investimento è di 3:1, dice Goff. Utilizzando i dati di produzione della meta-analisi fatta da Santos et al. nel 2019, si vede nelle vacche acidificate, un aumento della produzione di latte di 1.5 kg/giorno ovvero una produzione di ulteriori 450 kg di latte per vacca per una lattazione di 305 giorni. Considerando il prezzo del latte alla stalla di 0,60 €/kg, si tratta di circa 270 € di reddito extra di latte, dalle vacche alimentate con una razione a DCAD negativo. Potresti spendere fino a 85 € per vacca in prevenzione e avere comunque un rendimento di 3:1.

L’integrazione anionica costa da 32 a 40 € per vacca. Anche se si somministrano alle vacche multipare un paio di boli di calcio dopo il parto a 10 € ciascuno, si tratta di ulteriori 20 € per vacca. Il totale speso per la prevenzione è di 60 euro, con un profitto di 190 € per vacca pluripara. Aggiungete il valore di una migliore salute delle vacche, tra cui meno collassi puerperali, meno ritenzioni di placenta e dislocazioni abomasali, e renderà la dieta DCAD negativo un punto fisso nel programma nutrizionale dell’allevamento.

Gli esperti consigliano:

Anion Booster

Miscela di ioni solfati e cloruri da fermentato di acido glutammico e solubili dalla fermentazione del mais. Il suo unico processo di essiccazione gli conferisce un aroma simile al caffè tostato. La ricerca indica che le razioni per il periodo di close-up dovrebbero avere una differenza tra cationi e anioni (DCAD) compresa tra -5 e -15 mEg/100 gm di sostanza secca. ANION BOOSTER aiuta a ridurre il DCAD al livello desiderato, permettendo al contempo di mantenere i livelli di calcio nella dieta di transizione ad un livello ottimale.

Cow Dry Plus SE

Integra i fabbisogni vitaminici e oligominerali delle bovine in asciutta e in fase di pre e post parto. L’elevato apporto di acidi grassi polinsaturi essenziali (omega 3) stimola in modo positivo la fertilità. La colina e la metionina potenziano l’attività epatica.

Close Up HA

Mangime minerale per vacche da latte in fase di asciutta.

 

PROF. JESSE GOFF
dottore in medicina veterinaria, PhD, professore e direttore della scuola veterinaria dell’università dell’Iowa, Ames, IA USA

La sua ricerca si è concentrata principalmente sull’ipocalcemia nei bovini e sul metabolismo del calcio in molte specie. Negli anni successivi ha studiato l’interazione tra il sistema immunitario bovino e le malattie metaboliche nel periodo del parto. Ciò ha portato a migliorare la prevenzione dell’ipocalcemia, utilizzando diete a basso contenuto di DCAD e terapie orali di Calcio per prevenire la febbre da latte.

Per rimanere aggiornati su tutte le nostre novità seguici su Instagram o su Facebook.

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.